L’Artiglio del Diavolo è una pianta usata per la cura del mal di schiena e del mal di testa, grazie alle note proprietà anti-infiammatorie e analgesiche.
La pianta perenne (Harpagophytum procumbens), appartiene alla famiglia delle Pedaliaceae, ed è impiegata da secoli dai popoli sud-africani nella medicina tradizionale, per la cura di moltissimi problemi osteo-articolari.
Per l’utilizzo a scopo medicinale, vengono utilizzati e trattati i tuberi e le radici della pianta. In questo articolo vedremo esattamente in quali disturbi può essere utilizzato l’Artiglio del Diavolo e quali sono i principali benefici.
Artiglio del Diavolo: cos’è e a cosa serve
Come anticipato, l’impiego dell’Artiglio del Diavolo per la risoluzione di problemi osteo-articolari, non è certamente una novità, ma viene impiegato da secoli.
Nel corso del tempo questa pianta si è dimostrata particolarmente efficace in tutte quelle situazioni che sono causa di dolori e infiammazioni, tra cui tendiniti, artriti reumatoidi, osteoartriti, mal di schiena, dolori generici della cervicale, mal di testa, sciatica, artrosi, artriti e contusioni.
Al vegetale vengono attribuite ulteriori proprietà, come quelle ipocolesterolemizzanti (utilizzabile ad esempio in caso di gotta), e ipouricemizzanti, a causa della presenza di moltissimi principi amari che aiutano a stimolare la produzione di bile e succhi gastrici.
Questa particolare caratteristica quindi, rende tutti quei rimedi erboristici formulati con l’Artiglio del Diavolo da sconsigliarsi in situazioni di gastrite, durante l’assunzione di antinfiammatori di sintesi e di ulcere duodenali o gastriche, perché in realtà andrebbe ad aumentare i reali effetti dei farmaci, compresi quelli secondari o eventualmente indesiderati.
Artiglio del Diavolo: principali benefici
L’utilizzo dell’Artiglio del Diavolo è particolarmente indicato in presenza di dolori muscolari e fastidi articolari.
Stiamo parlando di dolori che spesso compaiono in maniera del tutto fisiologica, che possono essere più o meno persistenti, e che possono risultare in alcune situazioni molto invalidanti.
Anche in caso di tensioni e contratture, il vegetale si rivela particolarmente efficace. Infine l’utilizzo degli unguenti, potrebbe essere consigliato anche per ridurre alcuni stati febbrili, reflussi gastroesofagei e dolori al petto.
Nonostante il nome del vegetale richiami alla mente qualcosa di non piacevole, i benefici che possiamo ottenere dall’Artiglio del Diavolo, sono davvero numerosi, rendendolo di fatto un rimedio davvero molto potente.
Possiamo trovarlo in commercio in capsule o pomate, e il principio attivo all’interno è in grado di apportare beneficio al corpo, andando a risolvere in maniera mirata il problema insorto.
Per i fastidi di lieve entità, sono solitamente consigliate le pomate, con concentrazioni di principio attivo più o meno alte a seconda della qualità dell’unguento.
Per dolori più persistenti e importanti invece, è preferibile l’assunzione delle capsule, con quantità del principio decisamente più alta rispetto alla pomata.
Artiglio del Diavolo: controindicazioni ed effetti collaterali
Data l’alta efficacia che l’Artiglio del Diavolo ha in tutte le situazioni descritte, è ovvio possa avere anche delle controindicazioni e degli effetti collaterali.
La prima di queste è che potrebbe causare la diminuzione della velocità con cui il fegato metabolizza alcuni farmaci, andando di conseguenza ad aumentarne anche potenziali effetti collaterali.
Ad ogni modo, l’assunzione orale dell’Artiglio del Diavolo è da ritenersi sicura solo ed esclusivamente nel caso i dosaggi consigliati siano rispettati.
Secondo alcune ricerche, l’8% delle persone che assumono l’Artiglio del Diavolo per via orale, va incontro ad alcune problematiche secondarie, come la diarrea.
In altri casi, possono presentarsi vomito, nausea, mal di testa, dolori addominali, problemi mestruali, acufeni e alterazioni della pressione sanguigna.
Per quanto riguarda l’assunzione dell’Artiglio del Diavolo durante i periodi di gravidanza e allattamento, non sono disponibili informazioni certe e sufficienti, quindi il consiglio rimane sempre e comunque quello di far riferimento al proprio medico curante.